Antonino Pintacuda
Responsabile di linea
Sarà pur vero che, come scriveva Flaubert, «la parola umana è come una caldaia crepata, componiamo melodie buone per far ballare gli orsi, mentre vorremmo commuovere le stelle», ma resta il fatto che è l’unica cosa che abbiamo per annullare oceani di distanza e ricucire strappi. Perché, dopo gli anni-macigno che ci stiamo lentamente lasciando alle spalle, abbiamo pian piano riscoperto che, per colmare il distanziamento che ci ha logorato, c’è solo da riscoprire la vicinanza, sempre più consapevoli che la tecnologia è un dono meraviglioso che non potrà mai cancellare tutto quello che riesce a trasmettere una stretta di mano.
Mi presento nello spazio di un tweet: classe 1982, siciliano, giornalista pubblicista, felicemente sposato con Silvia e con un mutuo sino al 2051.
Ho scritto sin dal primo giornalino messo insieme foglio dopo foglio martellando sui tasti dell’Olivetti lettera 82, stampato poi clandestinamente in poche e selezionatissime copie, tutte acquistate dalla zia Franca. Ho fatto il corrispondente dal Sud America per un giornale per gli italiani all’estero e poi ho continuato a scrivere su una dozzina di testate (dal supplemento siciliano del Manifesto alle pagine economiche di Avvenire). Dopo una breve parentesi come editor di narrativa e saggistica, ho curato per quattro anni il reparto comunicazione e marketing di un’azienda che produce pannelli fotovoltaici.
Tutto questo prima di rincrociare la strada con la filosofia che è alla base del progetto di Mirandola Comunicazione.
Vivo e lavoro a Milano dal 2010 e non ho mai smesso di scandagliare le infinite possibilità dell’atto del comunicare, indipendentemente dal supporto e dal codice utilizzato.
Nel tempo libero colleziono citazioni citabili, da articoli, interviste, libri e fumetti. Per questo lascio che a smentire Flaubert sia Albus Silente: «Le parole sono, nella mia non modesta opinione,
la nostra massima e inesauribile fonte di magia, in grado sia di infliggere dolore che di alleviarlo».